Giochi
Tra i giochi dei nostri bambini, ve ne sono alcuni che ancora oggi sono praticati, come la "campana", fatto in un
rettangolo disegnato col gesso in tanti piccoli spazi nei quali bisogna entrare con un solo piede, saltellando,
"Nascunnariéllo" (nascondìno), "La bandièra" "Llìbero e prèso", o i giochi con le monete come "Lìscia", "Battarèlla",
"Sott'a muro", "Ru mierco" oppure "A Pìcculo" e "Singhetiéllo e tuzza" (fatti con le noccioline o con le pietre),
"Uno 'mpònta 'a luna" etc. Si benda un ragazzo e questi deve recitare, toccando gli altri ragazzi,la seguente filastròcca: Si forma un cerchio di ragazze che si tengono per mano. Al centro si dispone una che fìnge di lavare. Viene un'altra
dal di fuori e, girando attorno al cerchio, dice ad ognuna: Si mettono i ragazzi in fila ed uno di essi comincia dicendo: "Masto cucuzzàro, masto cucuzzàro, vaco truvànno
'ru primo cucùzzo. Il 2°, 3°, 4°, 5° chiamati rispondono subito, (per es.-primo cucùzzo, terzo cucùzzo-) chiamando
in causa gli altri ragazzi partecipanti al gioco, i quali devono rispondere immediatamente o sono costretti a
pagare un pegno. "Aiéri 'iétti a càccia Si fa la cónta e, a seconda del numero dei partecipanti, si scelgono quattro o cinque ragazzi, destinàti a
"mettersi sotto". Il primo di essi si piega e si appoggia al muro, con le braccia davanti, per proteggere la testa;
gli altri tre o quattro si dispongono in fila dietro di lui, tutti con la testa infilata tra le gambe del compagno
che sta loro davanti,in modo da formare un treno. E' un gioco molto semplice che consiste nel nascondere un fazzoletto attorcigliato con un robusto nodo. Chi riesce
a trovarlo, lo usa colpendo i compagni. Poi ha il diritto di nasconderlo e lo fa usando un'espressione molto
colorita: "Vaco a piscià", per indicare che non deve essere visto da nessuno. E' un gioco a metà tra la lippa e il baseball.
Vi partecipano due coppie di ragazzi, ambedue formate da un battitore, che
impugna un bastone lungo e da un lanciatore con un bastoncino corto.
Le due coppie si dispongono una di fronte all'altra e ambedue in prossimità
di una piccola buca che,preventivamente, viene scavata.
Il primo che viene sorteggiato,lancia la "cira",cioè il bastoncino,verso
l'avversario e questo deve tentare di colpirlo al volo.Se l'avversario vi
riesce, egli è costretto,insieme al compagno, a cercare il bastoncino sca-
gliato lontano e quindi a lasciare la buca incustodita.Il lanciatore avver-
sario,allora, può occupare con la punta della "cira" la buca e guadagnare il
punto,come nel baseball.
Nel caso, invece, che non venga colpita la "cira", il lanciatore ha la possi-
bilità di occupare la buca dell'avversario, mentre quest'ultimo cercherà di
recuperare il bastoncino.
(2)Mazzacìra=Mazza in giro, per indicare il roteare del bastóne (mazza). Corrisponde all'antica lippa, praticata già dai Romani.
Il gioco consiste nel colpire, con un bastone ,un bastoncino più pìccolo,
sollevato da un lato e appoggiato ad una pietra, per poi colpirlo di nuovo
a volo e scagliarlo quanto più lontano è possibile. Vince chi lo scaglia
più lontano.
"lètti iétti a Nàpule,
là spusaie 'na bella donna
tutta la notte me la sónno,
me la sónno 'mparavìso
e cu tutti 'ri puòrci accìsi.
Accise e minicarèste
e nun provo cchiù menèste.
Menèste e menestrùni,
iugàme e iugatùre
iugàme 'anzi a le pènne
mannaggia chi ce venne.
Ce venne sòrema cucina
che sparava a carabina
e sparava 'ri trìcchi tracchi
una,duie tre e quatto
e le quatte la cancella,
la cchiù brutta e la cchiù bèlla;
'iesciténne,Sabbellùccia mia bèlla".
Il ragazzo su cui termina la filastròcca deve, a sua volta, bendarsi ed un altro tenendolo fermo deve recitare queste strofe:
" latta cecàta"
" Addò sì stata?"
" A lu mercato."
" Che haie accattato?"
" Na pèzza de caso."
" E a chi l'hai rata?"
" A màmmema e a tata".
" E a me?"
" 'Nu cuòrno"
" E votet'attuòrno."
Appena sono pronunciati questi due versi, si lascia libero chi è bendato e questo cercherà di prendere qualcuno dei compagni per incominciare da capo il gioco.
"Cummà, m'a cuòce 'sta saràca?" Tutte le ragazze in cerchio rispondono: "Va addò a cummàra che fa a culata".
Finito il giro, si rivolge da quella al centro e dice: "Cummà,cucinatamélla vuje". E l'altra: "Datemélla" La prima:
"le mò me vaco a sentì 'a messa."
Quella, che era al centro, dà un pezzettino di saràca a tutte le altre, mentre la prima che è tornata dalla messa,
dice:"Cummà, m'avite còtta a saràca?" "Cummà,ha da còce ancora 'a capa". "E allora vengo n'atu 'ppoco."La ragazza
al centro continua a lavare e a lei si rivolge di nuovo l'altra che torna: "Cummà, m'avite còtta a saràca?" "Cummà,
ha da còce ancóra. Mò vaco 'a accatta 'll'ova".
Ritorna e, arrabbiata, ripete la domanda: "Cummà, m'avite còtta 'a saràca?" "L'altra: Cummà, l'àggiu menata 'ncoppa
a chigliu ranàle". Allora la prima, con un mattaciòne(fazzoletto ritorto), batte sulle mani delle ragazze che
formano la catena e dice: "Tùppe, tùppe ca nun ce sta". Quella al centro risponde che l'ha buttata o sopra la
fìnestra o sul balcone e l'altra, col solito battere, ripete il ritornello. Infine quella al centro: "Cummà, vuò
sapè a verità? L'aggiu rata a ste criatùre". Allora tutte le ragazze fùggono e quella le insegue, gridando: "Voglio
'a saràca mia."
truvàje 'nu lepre pàccio,
'ru purtàje a Monsignóre,
Monsignóre nun ce stéva,
e 'nce stéva la muglièra
che friéva zùcchero e mèle.
Je diciétti damménne uno,
e chella me détte 'nu càucio 'ncùlo.
Je diciétti damménne quatto
e chella me dette 'nu béllu piatto,
'ru mettiétte 'ncopp'a banca,
piglia a jàtta a branca a branca;
'le menàje 'ru pisatùro
'ri rumpiétti 'na pacca de culo,
'le menàje 'ru curtellàccio
'ri rumpiétti 'na pacca de' fàccia,
'ri menàje 'ru temperino
'ri rumpiétti 'ru filo de' 'ri rini.
Dopo aver recitato questa filastrocca, colui che dirige il gioco(la mamma) stando seduto, copre con le mani gli
occhi dell'ultimo ragazzo su cui termina l'ultima parola.
Gli altri ragazzi si nascondono e la "mamma" dice:
"Orpe uno, òrpe dùje, òrpe tre cacciammo le capuzzèlle e facìmme 'nquì-'nquì". Poi gli libera gli occhi e lo manda a
cercare i compagni.
Quando questo ne scova uno,gli grida: "te fòco" e corre verso la "mamma".
Se riesce a raggiungerla prima degli altri, si fà sostituire dal compagno
scovato e, in caso contrario, viene picchiato ben bene dagli altri.
I rimanenti, a questo punto, cominciano a saltare e a rimanere a cavalcioni sulle spalle dei compagni piegati. Chi
di questi resiste più a lungo con il peso sulle spalle, vince.
Al contrario, se qualcuno non resiste al peso del compagno in groppa, al grido di quest'ultimo: "A chiricòtta",
risponde "Scàrrecame 'sta bòtta" come per dire "Lìberami dal tuo peso" ed esce dal gioco. Se qualcuno cade nel
saltare, va sotto e il gioco ricomincia a ruoli invertiti.
Chiricòtta (1) = II termine deriva forse da chierica (dal latino clerica) e còccola col significato di testa
(dal latino parlato còcula per cochlea=chiòcciola, guscio della chiòcciola) per indicare la posizione che si assume
durante il gioco, con la testa abbassata per consentire agli altri partecipanti di saltare in gròppa.
E poi il gioco ricomincia.